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“Il mio basket è di chi lo gioca”, Meo Sacchetti
Matteo Bonetti
Meo e Olimpia
benissimo nei play off dove vincemmo prima con Casale e poi in finale con Veroli ribaltando il fattore campo, la crescita fu costante a Sassari fino all’anno magico del triplete, sicuramente queste vittorie sono venute troppo presto.
“Il mio basket è di chi lo gioca” cosa vuol dire?
“Il mio basket è di chi lo gioca” vuol dire che i giocatori sono la parte importante del gioco e l’allenatore deve metterli in condizioni di esprimere le loro massime possibilità, poi l’allenatore deve metterci del suo per costruire la pallacanestro che gli piace con l’obiettivo di far divertire i giocatori e gli spettatori, senza dimenticarsi mai che il risultato sportivo è fondamentale bisogna vincere le partite perché i detrattori sono sempre dietro l’angolo quindi devi avere spalle forti e andare avanti per la tua strada, avere buoni giocatori ma soprattuto brave persone.
Vi sono situazioni che non sono facili da far comprendere non soltanto all’ambiente che ti circonda, ma anche ai giocatori stessi: a volte trovi giocatori che vogliono sapere ogni dettaglio di ogni azione di gioco, e non riescono a vedere che una buona situazione può arrivare in modi diversi, senza ricercare ossessivamente la perfezione. Spiegaci con degli esempi pratici questo tuo concetto.
Parto dal presupposto che se uno è buon giocatore ad esempio un tiratore, e dopo pochi secondi d’azione è libero deve tirare, anche se però
questa non è la regola assoluta perché comunque ci sono situazioni che bisogna cercare di attuare ad esempio il centro che non stà toccando la palla da alcune azioni bisogna rimetterlo in ritmo, quindi non sempre è possibile esguire tutto ad alta velocità, oppure situazioni dove per forza devi ragionare perché magari vuoi far fare un falloo a un giocatore che ne ha già tre o quattro ecco questo ti costringe un po’ a cambiare l’idea di un basket ad alti ritmi.
Brian Sacchetti, Matteo Boneti, Meo Sacchetti, Graziella Bragaglio
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